Il Castello reale di Choisy, situato a Choisy-le-Roi, comune della regione parigina e acquistato da Luigi XV nel 1739 è ora un teatro di sontuosi banchetti alla moda gastronomica di questi tempi, guidati da Madame de Pompadour, amante e musa di Luigi XV, che qui ora sta soggiornando. Oggi, sabato 4 novembre 1747 le celebrazioni reali sono completate da un Souper con una lista delle vivande che siamo risusciti ad avere in anteprima, nella speranza di poter intervistare la Grande Mademoiselle che con il suo fascino ed arti amatorie tra le lenzuola e anche sulle tovaglie, usando anche il potere afrodisiaco dei tartufi, governa sul Re Luigi XV.
Jeanne-Antoinette Poisson, marchesa o Madame di Pompadour (1721-1764) è la favorita del re Luigi XV e la donna francese più potente del secolo, simpatizzante dell’illuminismo con le sue scoperte ed esercitando la sua influenza su arti, moda, teatro, musica e anche gastronomia. La speranza di un’intervista si concretizza nella tarda serata tra i viali prospicenti al castello.
Per saperne di più, vi consigliamo di leggere l’intervista impossibile di Giovanni Ballarini.
Gentile Marchesa, con grande ammirazione ho preso visione dei quattro servizi del Souper che ha chiuso questa giornata e mi conferma quando si dice di lei che sia amante di tutte le arti non disdegnando l’arte del buon cibo che può anche aiutare a meglio raggiungere il cuore di un uomo. Non solo sapori delicati ma intensi come l’amore, profumi forti come la femminilità sono importanti, come aromi forti saggiamente usati quali quelli dei tartufi. Almeno così si dice.
Lei non sbaglia. Io non sono un cuoco, ma credo che la cucina sia un’arte e come mecenate delle arti, spesso mi intrattengo con i cuochi, dando loro indicazioni su come operare e soprattutto inventare nuovi piatti per creare menu anche con l’intento di sorprendere gli ospiti, oltre che per il sapore del cibo stesso. In questo modo, usando anche cibi che un tempo erano considerati misteriosi, come i tartufi delle nostre terre francesi, sono nati piatti con tartufi divenuti noti con il mio nome, come i Filetti di sogliola alla Pompadour, la Zuppa alla Pompadour, le Ostriche alla Pompadour e tanti altri.
In questi tempi qui in Francia, soprattutto in questa reggia, stiamo assistendo ad una nuova cucina: quali i motivi?
Parigi e questa reggia, capitale europea della politica e della cultura lo sono anche per la gastronomia, come dimostra la pubblicazione proprio di ieri 1746 di Menon, La cuisinière bourgeoise. Una cucina che s’ispira alle moderne idee dell’Illuminismo del quale sono seguace e nella quale la zuppa di cavolo deve sapere di cavolo, il porro di porro, la rapa di rapa e io aggiungo il tartufo deve sapere di tartufo sposandosi agli altri aromi del piatto. Si abbandonano le spezie esotiche e al loro posto iniziano a essere impiegati aromi più semplici, erbe profumate di produzione locale, verdure delicate come i funghi, gli asparagi e i tartufi, questi ultimi con le loro grandi diversità di specie e di luoghi nei quali ancora misteriosamente crescono. Questa rivendicazione del rispetto per l’aspetto e per i sapori naturali di un prodotto come il tartufo costituisce un totale rovesciamento delle regole precedenti ed è la riproposizione sul piano gastronomico del mito della Natura centrale nella cultura illuminista.
L’uso in cucina dei tartufi dei quali stiamo parlando non proviene forse dall’Italia, portato in Francia da Caterina de’ Medici (1519-1589) se non per imitazione di Lucrezia Borgia (1480-1519) che invece se ne serviva per accrescere il proprio fascino?
Assolutamente no e lei sta incorrendo in un grande equivoco che rischia di propagarsi nel tempo. Da tempo immemorabile l’uomo, seguendo anche l’esempio di alcuni animali, apprezza e si nutre di tartufi, non a caso ritenuti frutto del fulmine di Giove, tartufi apprezzati dagli antichi Greci e Romani. Nei secoli italiani di Lucrezia Borgia e Caterina de’ Medici, quando intensi sono le conoscenze e gli scambi anche gastronomici tra Francia, Spagna e Italia, aiutati poi con la diffusione dei libri a stampa, né Lucrezia, né Catterina in Italia e anche qui in Francia ci ha lasciato documenti e ancor più ricette d’uso dei tartufi, con le loro molte diversità e qualità. Come invece faccio io e prima le ho detto. (N. d. I. – La leggenda che la grande cucina francese origini dall’arrivo in Francia di Caterina de’ Medici è una invenzione che parte dal 1719 quando in un’opera di Nicolas Delamare (1639-1723) compare un riferimento agli italiani che seguirono Caterina de’ Medici introducendo a corte i loro usi culinari e alcuni liquori, ma è soprattutto il divulgatore francese Nicolas Camille Flammarion (1842-1925) che crea un inesistente mito al quale altri poi si riferiscono aggiungendo dettagli di fantasia, come il nome dei cuochi che l’avrebbero accompagnata: Popelini e Pastarelli, pasticceri, Giovanni Pastilla creatore delle caramelline, Frangipane creatore della crema alle mandorle).
Gentile Marchesa, nel ringraziarla un’ultima domanda: cucina o gastronomia dei tartufi, quindi?
Certamente! Non mangiare tartufi come un animale o un villico forse per cercare uno stimolo erotizzante, ma secondo le idee del nostro Illuminismo costruire un piatto, al quale abbinare anche un vino adeguato, in un’armonia amorosa che sia anche, non lo nego, preludio ad un’armonia dei sensi, perché non siano costituiti solo di spirito e anima ma anche di corpo (N. d. I. – Per comprendere le attività afrodisiache dei tartufi bisognerà attendere le ricerche scientifiche della metà del XX secolo sui feromoni e la dimostrazione che l’androstenone (5α-androst-16-en-3-one), il primo feromone di mammifero ad essere identificato, si trova nella saliva del cinghiale, nel citoplasma del sedano e nei tartufi).




