Il Tartufo: il profumo che si mangia
- Noto da epoche remotissime, il tartufo è documentato per la prima volta nella Naturalis Historia di Plinio il vecchio (I sec. d.C.) e nel contemporaneo De re coquinaria di Apicio, in cui compaiono diverse ricette che prevedono il suo impiego.
- I Romani ritenevano avesse genesi divina, essendo frutto, secondo le credenze popolari, del fulmine sacro a Giove. Di qui l’attribuzione al tartufo di qualità afrodisiache suggerite dalla prodigiosa fama del Padre degli Dei.
- Dopo un periodo di declino nella cucina medievale, il tartufo troverà degno apprezzamento nel Rinascimento sulle mense dei principi delle Corti italiane.
- Solo nel Settecento la sua natura misteriosa verrà scientificamente studiata e codificata.
- Ancor oggi in cucina rappresenta una sublime sintesi del piacere.
Alcune riflessioni
- Mancanza organica di oggetti
- Botanica
- Ambiente naturale
- La storia
- Il mistero: fulmini, maiali, afrodisiaco
- Il tartufo stimola tutti i sensi: olfatto, vista, tatto, gusto, udito
- I tartufai e i piccoli attrezzi per la ricerca e lo scavo
- Il cane
- Uso in cucina – Modalità di conservazione
Esistono già altri musei del tartufo?
- Museo Nazionale del Tartufo – Alba (Cuneo)
- Museo del Tartufo – San Giovanni D’Asso (Siena)
- Museo del Tartufo – Acqualagna (Pesaro)
- Truffle Museum – Borgofranco sul Po (Mantova)
Alcune linee guida
- Valorizzare gli spazi piccoli e irregolari
- Usare materiali naturali: pietra, legno, ferro
- Illuminazione soffusa e puntiforme
- Mantenere il senso di mistero
- Portare lo spirito della ricerca anche dentro il museo
- Conservare la memoria delle persone
- Raccontare il territorio
Il percorso del Museo del Tartufo di Fragno
- 1 ARRIVO Il territorio
- 2 CERCO La ricerca
- 3 CONOSCO La botanica
- 4 VIVO Il bosco
- 5 GUSTO Sulla tavola
- 6 CAPISCO Storia, tradizioni, curiosità