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La Storia del tartufo in terra parmense

Il tartufo è noto in terra parmense fin dall’antichità. In epoca medievale la fama del tartufo raccolto in Val Baganza si diffonde e Francesco Petrarca, ospite di Azzo da Correggio, Signore di Parma, conosce il tartufo raccolto nelle terre di Calestano e lo cita in una sua ode.

Andrea Bajardi, discendente da una antica e nobile famiglia parmigiana, lo cita in una sua ode nel 1507.

Il Vocabolario Parmigiano-Italiano accresciuto di più che cinquanta mila voci, compilato da Carlo Malaspina (1808-1874) e pubblicato a Parma dalla Tipografia Carmignani in quattro volumi fra il 1856 e il 1859, ci informa che il vocabolo “trifola” viene usato solo per indicare il tartufo nero, mentre chiama con il nome di “trifola bianca” il tartufo bianco o di Piemonte, confermando indirettamente l’antica tradizione di cerca del Tartufo nero di Fragno nelle valli del Parmense.

Nel 1890 G. Belloni, nel suo ricettario Il vero re dei cucinieri cita i “Tartufi alla parmigiana” conditi con il rinomato formaggio 

La raccolta, che si svolge nel periodo invernale, vede impegnati i contadini della valle, che vanno alla cerca con l’aiuto dei maiali.

Per trovare la prima traccia della presenza del tartufo nel territorio parmense sulla stampa periodica dobbiamo arrivare al 1912. In quell’anno, un articolo intitolato “I Tartufi: la produzione dei nostri monti” fu pubblicato sul giornale La Giovane Montagna, diretto da Giuseppe Micheli. L’articolo riportava che i tartufi si trovavano in discreta quantità sulle alte colline parmensi, in particolare sul Monte Sporno. Questo documento dimostra che già all’inizio del Novecento si sapeva dove cercare i tartufi, precisamente in Val Baganza. 

Un’altra testimonianza risale al 1920. Il 5 dicembre di quell’anno, il Vescovo di Parma Guido Maria Conforti scrive una lettera di ringraziamento ad Angelo Calzolari di Fragno, un “tartufen” (cavatore di tartufi), che gli aveva inviato la Vigilia di Natale selvaggina, formaggi e il pregiato Tartufo Nero di Fragno.

Nel 1984 a Fragno, si tiene per la prima volta la Festa del Tartufo Nero di Fragno, che nel 1991 diviene una fiera nazionale. Nel 2000 il Tartufo Nero di Fragno viene iscritto tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) dalla Regione Emilia Romagna ed entra a far parte dei prodotti tipici promossi dalla “Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma”. Il 24 aprile 2004 viene istituito il “Consorzio Qualità Tradizionali Val Baganza” che ha il compito di promuovere il logo delle “Terre Classiche” del Tartufo di Fragno, seguito nel 2007 dall’approvazione del primo disciplinare che ne regola la raccolta e la conservazione e la vendita.

Tre anni dopo, il 5 ottobre 2019, a Calestano viene inaugurato il Monumento al Tartufo, realizzato dal maestro d’arte Paolo Sacchi. Il monumento è composto da numerosi blocchetti numerati di pietra, ciascuno adottato da enti, associazioni, aziende e privati cittadini. L’opera, frutto di un contributo collettivo, celebra simbolicamente due antichi mestieri della vallata: il contadino-cavatore e il contadino-scalpellino.

Nel 2021, la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, l’agenzia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. 

Il 15 maggio 2024, a suggello di una antica tradizione, viene inaugurato a Calestano il Museo del Tartufo di Fragno.

 Il periodico La Giovane Montagna diretto da Giuseppe Micheli dedica nel 1912 un ampio servizio ai tartufi in Val Baganza.

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