Cronologia del Tartufo di Fragno
XIX secolo a.C.
L’uso alimentare del tartufo è documentato per la prima volta in alcune iscrizioni sumeriche.
I° secolo a.C.
Ricercato e presente sulla tavola dei Romani, è citato in numerose ricette di Marco Gavio Apicio (I-II sec. a.C.) nel suo De re coquinaria, l’unico testo di cucina romano sopravvissuto alla distruzione.
II secolo d.C.
Per il medico Galeno di Pergamo nel tartufo si manifesta l’unione di tutti e quattro gli elementi utili a nutrire il corpo: corteccia spessa = terra, corteccia sottile = aria, umidità = acqua, colore = fuoco.
XI secolo
Il medico arabo Avicenna, nel primo volume del Canone, riconduce al consumo di tartufo patologie importanti come la paralisi e il colpo apoplettico.
XIV secolo
L’erudito arabo Ibn al– Khatīb (1313-1374), medico alla corte del sultano di Granada, in un trattato sulla cura della salute, sottolinea come aglio e tartufo possano essere utilizzati quali antidoti contro gli avvelenamenti alimentari. Il grande poeta italiano Francesco Petrarca (1304-1374) soggiorna al castello di Guardasone, in provincia di Parma, dove viene a conoscenza della fama del tartufo di Calestano e gli dedica un’ode nel suo Canzoniere.
XVI secolo
1554: I naturalisti discutono a lungo sulla classificazione del tartufo. Qualcuno lo definisce una pianta, altri un’escrescenza del terreno o addirittura un animale. Il botanico italiano Pietro Andrea Mattioli inserisce il tartufo nei suoi monumentali Discorsi in latino. Ricorda come “cavansi copiosi dai nostri contadini, per esser molto in pregio appresso à i magnati”.
1593: La prima opera che cita la cerca dei tartufi con “cani avvezzi et insegnati” è il Trattato della natura de’ cibi e del bere del medico bolognese Baldassarre Pisanelli.
XVII secolo
Il botanico inglese John Ray descrive per la prima volta le spore (da lui chiamate semi) nei funghi mentre il francese Joseph Pitton de Tournefort ipotizza l’anno dopo una riproduzione attraverso spore anche per il tartufo.
XVIII secolo
1711: Claude-Joseph Geoffroy descrive l’organizzazione delle tuberacee, notando i piccoli punti scuri nella polpa del tartufo (le spore), interpretandoli come “semi”.
1729: Pier Antonio Micheli riprende lo studio della struttura delle tuberacee e riconosce la presenza di “germi” (spore), fornendone anche un’illustrazione.
XIX secolo
1831: Carlo Vittadini pubblica la Monographia tuberacearum, ponendo le basi per lo studio scientifico delle tuberacee. L’opera descrive la maggior parte delle specie conosciute con criteri scientifici ed ha il merito di sistematizzare e nominare scientificamente le specie conosciute e quelle nuove.
1862: René Tulasne pubblica Funghi Hypogaei, uno studio in cui tratta l’organizzazione delle tuberacee, la mancanza di un vero peridio nel genere Tuber, l’origine e distribuzione delle “vene” nel tartufo, le fasi di maturazione delle spore, e propone l’idea di un micelio sparso nel terreno da cui si organizza il corpo fruttifero del tartufo.
1892: Gaspard Adolphe Chatin descrive il tartufo dal punto di vista botanico. Egli elenca ventuno specie di Tuber, suddividendole in tre gruppi e due sottogruppi. Studia anche le piante che favoriscono la produzione di tartufi e del gusto che queste conferiscono al fungo ipogeo.
XX secolo
1903-1906: Émile Boulanger sperimenta per la prima volta la germinazione delle spore.
1981: il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste istituisce il Centro di ricerca e sperimentazione per la tartuficoltura a Sant’Angelo in Vado (Pesaro), sotto la supervisione dell’Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo, incrementando notevolmente gli studi e i risultati sul campo.
1991: Si tiene a Calestano la prima Fiera del Tartufo di Fragno grazie all’impegno e all’intuizione della Pro Loco e del suo presidente Eugenio Magri.
XXI secolo
2021: La “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” viene riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, l’agenzia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura.